No, non sono mai stato in Champagne ma prima o poi, vi assicuro, ci andrò. Devo farlo. Ottobre, per dire, potrebbe essere il mese giusto: ché lì al nord dicono faccia freschino.
Vi risparmio la leggenda di Dom Perignon: secondo alcuni, il padre dello Champagne (pardon, vin de Champagne – a quanto pare gli indigeni ci tengono…) 😉 secondo altri, l’inventore della cuvée, ovvero del taglio di uve diverse (sono 3, in genere: pinot nero, pinot meunier e chardonnay) e di differenti annate. Si producono anche blanc de noirs (solo pinot nero e/o pinot meunier) e blanc de blancs (solo chardonnay e/o pinot blanc). Ma quello è un altro discorso 😉
Ci sono 5 distretti, disposti a cavallo del fiume Marne: Montagne de Reims (vi si producono i migliori pinot nero), Vallée de la Marne, Côte des blancs (solo chardonnay); ancora più a meridione, si trovano gli altri due distretti (Côte des Sézanne e Aube). Ci sono 17grand cru, ovvero vigneti con una classificazione di 100 punti: Puisieulx, Sillery, Mailly, Verzanay, Verzy, Beaumont-sur-Vesle, Louvois, Bouzy e Ambonnay (Montagne de Reims); Ay e Tours-sur-Marne (Vallèe de la Marne); Chouilly, Oiry, Cramant, Avize, Oger e Mesnil-sur-Oger (Côte des blancs). I premier cru, invece, sono 38 (vigneti classificati da 99 a 90 punti).
Tutto questo per dire cosa? Che il 4 ottobre mi sono imbucato alla giornata nazionale dello Champagne a Milano e ne ho assaggiati diversi.
Detto che:
non è che sia un grosso conoscitore di bolle, tantomeno di quelle d’oltralpe;
era impossibile tastare tutti gli Champagne in degustazione;
ho provato “solo” quelli di Agrapart&Fils, Bonnaire, Deutz, Drappier, Henriot, Jacquesson, Mandois, Marie Stuart, Nicolas Feuillatte, Paul Bara, Perrier Jouet, Salon e Vieille France;
vi consiglierei di leggere note e osservazioni – di altri, naturalmente – ben più pertinenti (qui, qui e -ancora- qui).
Direi che:
ho fatto bene a investireabbondanti dieci minuti nella speranzosa attesa dinanzi all’affollato banchetto di Salon. Alla fine ce l’ho fatta, sono riuscito anch’io a strappare un goccio della mitica Cuvée “S” – Le Mesnil 1999: un fuoriclasse che, però, costa veramente un botto (cit).
il Belle Epoque 2004 di Perrier Jouët acchiappa parecchio. Uno sciampo di grande pulizia ed eleganza. Quasi paradigmatico, direi. Anche lui costa un po’.
gli Champagne di Henriot (Reims) mi hanno sorpreso (è forte il dubbio che fossi io l’unico a non conoscerli). Buoni il Brut Souverain (100% chardonnay, secondo l’importatrice; in uguale percentuale con il pinot nero, a leggere sul sito) e il Millésime 2002 (uvaggio di pinot nero – 70%, di cui l’8% vinificato in rosso – e chardonnay). Discorso a parte per la Cuvée des Enchanteleurs 1998 (pinot nero e chardonnay in parti uguali), tutto miele, frutta secca e nocciola, con un sorso caldo e palpitante, più spiccatamente minerale e agrumato sul finale.
niente male anche i due Jacquesson. Il Millesimé 2002 è una bollicina che unisce espressività e complessità a una disarmante facilità di beva; la Cuvée nr. 735 (47% chardonnay, 33% pinot nero e 20% pinot meunier) pure ha fatto la sua figura, ecco.
posso chiudere il podio a 5 con le bollicine di Agrapart & Fils (Avize). Buono il Les 7 Crus, un blanc de blancs ottenuto da vigneti situati in 7 villages (Mardeuil, Avenay Val’d’Or, Oiry, Cramant, Avize, Oger, Bergeres les Vertus), 36 mesi sui lieviti e 7 g/l di zucchero; ora come ora finanche più godibile del pur notevolissimo Minéral 2005 Blanc de Blancs Grand Cru, da vecchie vigne di Avize e Cramant, caratterizzate da un terroir più calcareo che risulta in un sorso più minerale (e meno dosato). Appunto.
Sannita di nascita – da mamma lumbàrd e papà irpino – ma tifoso dell’Avellino.
Da diverso tempo esiliato per studio (una triennale in Scienze Politiche e una magistrale in Giurisprudenza) e per lavoro (prima a Milano, ora a Roma).
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