Tu chiamala, se vuoi, (ciri)pizza.

E dire che non aveva cominciato poi tanto male, Ciripizza.

Quando ne lessi qui, sulla pagina milanese del Corriere, pensai che un salto si poteva fare. Dopotutto, era a due passi da casa e ci potevo andare anche a piedi, evitando così ogni noia per il parcheggio (ché trovarlo tra via Canonica, via Paolo Sarpi e strade limitrofe è roba assai complicata).

Mi ci fiondai alla prima occasione utile. Il risultato fu di moderata e speranzosa soddisfazione. Ci tornerò, dissi. E così ho fatto una, due volte. L’ultima, qualche giorno fa.

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Ambiente molto informale: arredamento moderno e essenziale, bello il forno a legna tappezzato di piastrelle colorate che ti si apre davanti non appena varchi l’ingresso. Menù a tutta pizza con l’invito a “non chiedere modifiche alle pizze”. Una carta dei vini con poche etichette ma ben assortita che alterna proposte più scontate a qualche scommessa, restando in Campania e con prezzi assolutamente ragionevoli. L’ha curata Luciano Pignataro: per l’amico Cosimo, c’è scritto (ma io Cosimo non so chi sia).

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Pizza tradizionale campana artigianale, dice il biglietto che accompagna il conto. Pizzeria che si dichiara impegnata a difendere il metodo originale campano sulla base dell’assunto «tutti noi operatori, produttori, consumatori, abbiamo il dovere di difendere i prodotti tipici italiani, nel rispetto delle origini».

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C’è qualcosa che non va, però. Pizza piatta sottile, priva – per di più – dell’indispensabile cornicione.

Giudicate voi. Io dico solo, peccato.

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Risposte

  1. Avatar Massimo D'Alma
    Massimo D’Alma

    Quella pizza è fatta così, pensavo lo sapessi

    1. Avatar Alessandro Marra
      Alessandro Marra

      Così come?
      Lascia perdere discorsi sulle varie scuole di pensiero, la napoletana e la tramontina: dimmi com’è, stop. 🙂
      Personalmente, trovo ci sia stata un’involuzione.

  2. Avatar Massimo D'Alma
    Massimo D’Alma

    Bando alle ciance, è sempre così, intendo bassa.
    Semmai il problema sta nel crescente successo milanese che ti obbliga ad un’attenta scelta dell’orario e del giorno.
    Poi tutto il resto è pura noia 😉

    1. Avatar Alessandro Marra
      Alessandro Marra

      Sul “crescente successo milanese”, come lo chiami tu, non ci piove: c’è sempre folla ed è effettivamente necessario “studiare” giorno e orario per andarci!

      Il punto è che io non sono milanese. 😉

  3. Avatar Massimo D'Alma
    Massimo D’Alma

    La tua però, sembra addirittura bruciata, io l’avrei rimandata indietro

  4. Avatar paolo
    paolo

    è campana,quindi non napoletana 😉 per dire,loro sono di battipaglia,la catena è presente a salerno e battipaglia, e hanno altra cultura culinaria rispetto a noi napoletani.
    esempio la completa mancanza di frittura,cosa INDISPENSABILE negli antipasti delle pizzerie di napoli e provincia.
    cmq fanno anche la pizza più alta,basta chiedere,pasta media o doppia. magari è un’opzione che hanno lasciato cadere se la clientela, appunto “milanese”, non la chiedeva. resta cmq un’ottima pizza per Milano (altra cosa sono quelle al trancio vedi “da giuliano”), e hanno la vera chicca della pizza “sasicce e friarielli”.

    1. Avatar Alessandro Marra
      Alessandro Marra

      Grazie del tuo contributo.

      Io la chiamo proprio così: milanesizzazione della pizza… 🙂

      Che poi sta’ cosa che uno deve chiedere l’impasto basso, medio o alto (che per inciso non è fattibile per tutte le pizze, che io ricordi) è una cosa che mi è antipatica!

      Per il resto, concordo: dei fritti non si può proprio fare a meno! O forse sì 😉

  5. Avatar Massimo D'Alma
    Massimo D’Alma

    Vorrei chiarire una cosa:loro la pizza l’hanno sempre fatta soltanto così. Poi per accontentare tutti prevedono anche l’impasto medio o doppio. Ma non è più Ciripizza.

  6. Avatar fdgfrgr
    fdgfrgr

    la pizza del ciripizza e la migliore voi siete solo stupidi se non comprendete la sua bonta’

    1. Avatar Alessandro Marra
      Alessandro Marra

      #selodicitu [ah, grazie del passaggio] 😀

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