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Taurasi, piazzetta Antonio Mastroberardino.

Taurasi, piazzetta Antonio Mastroberardino

Venerdì 19 gennaio scorso, si è svolta la cerimonia di intitolazione alla memoria di Antonio Mastroberardino della piazzetta antistante la Porta Maggiore e il Castello Marchionale di Taurasi. Proprio nel Castello si è poi svolta la degustazione dei 3 Taurasi Riserva 2016 della casa vinicola Mastroberardino di Atripalda.

Tra i documenti proiettati da Piero Mastroberardino durante il convegno dedicato alla figura di suo padre, tutti conservati in quello che oggi è il Mi.Ma., il Museo d’Impresa Mastroberardino Atripalda*, ve ne sono tre particolarmente significativi. Il primo, risalente al 1811, riporta il dato relativo alla superficie di vigneto in Irpinia (oltre 59 mila moggi) al tempo di Gioacchino Napoleone. Gli altri due, datati 1910, ribadiscono il ruolo di primo piano nella viticoltura della provincia di Avellino (sesta per superficie vitata con 63 mila ettari, quarta per produzione di vino), al cui interno già si distinguevano zone di pregio come l’agro taurasino e la media collina della valle del Sabato.

Questa premessa spiega perché, dati alla mano, dietro al nome che identifica il Taurasi più “classico” di casa Mastroberardino – Radici –, si celi un forte senso di appartenenza territoriale, quell’animus operandi che è valso al Cavaliere Antonio Mastroberardino, scomparso nel 2014, l’appellativo di “grape archeologist“, un impegno costante verso la conservazione della viticoltura e il ritorno alle origini del vino in Irpinia.

La degustazione dei Taurasi Riserva 2016 di Mastroberardino

«Il vino è un prodotto culturale, risultato, tra le altre cose, del sentire dell’uomo», ha detto Piero Mastroberardino nell’introdurre la degustazione dei 3 Taurasi Riserva 2016 condotta da Luciano Pignataro, Daniele Cernilli e Tommaso Luongo.

Tre Taurasi della stessa annata, ma profondamente diversi tra loro per idea, stile, risultato nel calice.

Più “classico” e austero, pure più introverso sulle prime, il Taurasi Riserva Radici 2016, n. 5 della “Top 10” 2023 by “Wine Spectator”, trent’anni dopo il primo Radici (1986). Odora di viola, cenere e sottobosco; ha sorso sanguigno e incisivo, come si conviene.

Diverso il registro del Taurasi Riserva Naturalis Historia 2016, il cui affinamento avviene per la maggior parte in legni piccoli, e che dei tre è forse il più concessivo, con nitide sensazioni olfattive di frutti rossi. Il progetto nasce con la vendemmia 1997, l’annata fresca ha sicuramente giovato a un Taurasi che arriva da un’areale – quello di Mirabella Eclano – che restituisce generalmente vini più “caldi” e rotondi nel profilo aromatico e gustativo.

Il Taurasi Riserva Stilema 2016 è più scarno, ma ugualmente saporito; c’è una componente fruttata di grande dolcezza e finezza. Un’idea “diversa” (?) di Taurasi, un ritorno alle radici, potremmo dire: la macerazione sulle bucce è più breve, diverso il percorso di affinamento, più calibrata l’estrazione tannica, anche grazie a temperature di fermentazione relativamente più basse. Un vino “più rarefatto” nel gusto e nel colore, come ha giustamente osservato Tommaso Luongo.

* avevo avuto la fortuna di visitarlo insieme con il suo ideatore, Piero Mastroberardino. Vi consiglio di farlo: vi sono catalogati numerosi documenti che testimoniano la storia aziendale e familiare dall’inizio del Settecento al 1945, anno della morte di Michele Mastroberardino.

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