Il trapiantato o l’esiliato vive, spesso, a distanze chilometriche abissali dal luogo dove è nato e cresciuto. Quasi si commuove se incontra, in giro per il mondo, una persona delle sue parti; ci sono pure ottime probabilità che, in breve tempo, col paesano si scopra d’essere parenti o persino amici d’infanzia.
Faccio parte anch’io della categoria: vivo a Milano da poco più di 3 anni e mi trovo bene (ma sarebbe anche ora di cambiare). Ricordo ancora col sorriso i miei primi giorni qui, quando ancora dovevo prendere confidenza con la città; poi, come al solito, mi sono ambientato abbastanza in fretta. Certo, ci sono ancora oggi momenti in cui avverto più forte la nostalgia di casa e della mia famiglia. Della mia terra, insomma.
Fortuna che di incontri familiari in giro per Milano se ne fanno. Persone, sì; ma anche vini, formaggi e prodotti tipici che arrivano dal “mio” Sannio. Stavolta è toccato a un olio extravergine, in bella mostra nella libreria all’ingresso del ristorante Sadler di Milano.
San Giorgio La Molara è paesino che dista pochissimo da quello dove sono cresciuto io. Ci si andava spesso a fare la pasquetta, al laghetto artificiale che d’inverno diventava tutto una lastra di ghiaccio. Da qui arriva questo extravergine: raccolta manuale durante la terza settimana di ottobre. Frangitura a ciclo continuo senza utilizzo di filtrazioni ma solo decantazione naturale e successiva conservazione sotto azoto, dice. In regime di agricoltura biologica.
La cultivar è ortice, varietà autoctona che è tipica del Sannio beneventano. Profilo aromatico fresco, caratterizzato da profumi di frutta e note vegetali di sedano e carciofo, con un che di piccante che pizzica al palato e un finale amarognolo. Non chiedetemi quanto costa, non lo so.
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