Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa a proposito della verticale del Nobile di Montepulciano Riserva di Talosa, e lo faccio soltanto adesso con colpevole ritardo.
Volevo, in particolare, fissare quello che, a mio avviso, è un dato significativo dell’esperienza produttiva di Edoardo Mottini Jacorossi, il quale sembra aver maturato – lui che proviene da mondi altri rispetto al vino – la consapevolezza di dover affiancare un impegno “totale” al lavoro che sta portando avanti con umiltà e fiducia nelle competenze che lo affiancano.
Se perciò, limitandosi al solo assaggio dei vini proposti in degustazione, può non essere del tutto immediato ritrovare (ancora) un fil rouge nell’idea produttiva – ché sappiamo oltretutto come il vino sia un mondo decisamente peculiare, potendosi misurare la bontà e il successo degli investimenti e degli sforzi produttivi soltanto nel medio-lungo periodo –, è di tutta evidenza come, da quando (era l’annus horribilis 2014) ha preso le redini dell’azienda fondata nel 1972 da Angelo Jacorossi, Edoardo sia riuscito a dare una direzione del tutto personale al suo progetto.
Com’è, dunque, il Nobile di Montepulciano Riserva di Talosa?
La verticale a cui ho partecipato ormai qualche mese fa era dedicata al Nobile di Montepulciano Riserva, che dal 1995 è prodotto con sole uve sangiovese, a differenza di quanto avveniva in passato con il saldo di mammolo e canaiolo nero, e – prima del 1987 – quando addirittura si usavano pure malvasia, trebbiano e grechetto.
Figlio di un’annata difficile, con una vendemmia snervante e lunga oltre 40 giorni, il Nobile di Montepulciano Ris. 2016 spicca per intensità olfattiva e timbro terroso. In apparenza più maturo dell’età dichiarata, ha tannino un filino “verde” e nervosetto, motivo per cui manca qualcosa in termini di distensione del sorso. Per la verità è anche quello con meno alcol di tutti: un grado e mezzo in meno, di questi tempi, non è roba da poco.
Piuttosto sorprendente il Nobile di Montepulciano Ris. 2017, per il quale potremmo innanzitutto annotare una bella dolcezza di frutto a contrastare le note più sanguigne, a tratti di pellame e sottobosco che vengono fuori con una certa insistenza anche al palato insieme alla gradevole balsamicità. Un po’ squilibrato, forse pure un po’ magrolino sul centro bocca: c’è però un che di piccante, la beva è sensuale e carnosa. Curioso l’atteggiamento generale nei confronti di un millesimo prima osannato, poi massacrato, infine poi riscoperto.
Molto affascinante il Nobile di Montepulciano Ris. 2018, che sconta temperature medie decisamente più fresche, e si rivela scuro, saporito, forse un po’ slegato, ma profumato di tè nero e grafite. La bocca ha sapore, magari non è perfettamente a fuoco, ma è sanguigna e di buona incisività gustativa.
Il Nobile di Montepulciano Ris. 2019 è probabilmente il più rigoroso di tutti, dal naso più austero e non ancora completamente aperto, con un frutto che vira verso l’amarena: ha ottima progressione acido-sapida. Se c’è una bottiglia che, al netto dell’andamento stagionale, appare più vicina all’idea di vino di Edoardo Mottini Jacorossi, beh è senz’altro questa!