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Un sol(o) vino: il Sol 2003 di Ezio Cerruti

Dovessi parlarvi di Ezio Cerruti, vignaiolo in quel di Castiglione Tinella, comincerei dalle stesse parole che mi ha detto una sera a cena: «amo le cose che fanno pensare, non le cose che danno risposte».

Il suo Sol, al contrario, di risposte ne dà parecchie. Altroché. È un moscato passito ed è il solo vino che produce; e la cosa non è mica facile, ci vogliono coraggio – si capisce – e, soprattutto, idee chiare. Numeri risicatissimi: 4 mila bottiglie in tutto, ottenute dalle piante più vecchie dei 6 ettari di proprietà. Il resto delle uve, invece, lo vende: «diciamo che con quei soldi mi garantisco la sopravvivenza e posso continuare a fare il vino come voglio io».

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La vigna, per Ezio, è tutto. Ma a sentirlo parlare, s’intuisce che le altre sue passioni sono le moto e (forse) la musica, anche se poi alla domanda specifica se il nome Sol abbia qualcosa a che fare con la nota musicale, rimane sul vago. «Chissà – risponde – magari si chiama così perché la vigna mi piace curarla da solo».

Non c’è certificazione ma in vigna si lavora secondo i crismi del biologico: particolare attenzione, soprattutto, alle dosi di solforosa. L’appassimento avviene direttamente in pianta: a maturazione completa, si taglia il tralcio e i grappoli rimangono lì attaccati per circa un paio di mesi. Dopo la fermentazione, il vino matura in barriques ultrascariche per un paio d’anni, prima di essere imbottigliato.

Il millesimo 2003 (seconda annata prodotta in assoluto – la prima è il 2001, l’annata 2002 non ha mai visto la luce), benché segnato da un caldo record, trattiene nel bicchiere quelle caratteristiche che ricordo già di aver trovato all’assaggio del Sol 2005 (quello “normale”, ché ci sarebbe anche una versione con uve botritizzate che io, però, non ho mai degustato), ovvero quell’invidiabile equilibrio tra acidità, zuccheri e salinità che è poi – più in generale – il segreto dei grandi vini dolci passiti.

Sì, un’annata in tono minore (però – scusate – quant’è bello stare qui a parlare di annate diverse? Fossero tutti uguali, i vini, che senso avrebbe?), ma il risultato – probabilmente anche per questo – è davvero tanta roba (cit): profumi che uniscono l’intensità all’eleganza, con le note di cedro e di albicocca disidradata e quel colore oro antico, bello già solo a vedersi; appena appena fuori giri la nota alcolica.

La versione da magnum, poi, quella è ancor più una rarità: ne produce solo 25 ogni anno. Chissà se ne ha ancora qualche altra stipata in qualche anfratto della cantina… Facciamo così, visto che il buon Ezio mi ha – incoscientemente e sfortunatamente (per lui) – invitato ad andarlo a trovare, io ci faccio un salto. Poi vi dirò.

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