La novità rispetto alla mia ultima visita a Rocca del Principe – era giugno di due anni fa – sono i lavori di ampliamento della cantina, mentre è ormai una “solida realtà” (cit.) il Fiano di Avellino “Tognano”, dal nome dell’omonima contrada a breve distanza dalla più celebre Arianiello*.
Assente Ercole Zarrella, impegnato al Merano Wine Festival, è toccato dunque alla moglie Aurelia Fabrizio fare gli straordinari ed aprirci le porte della saletta degustazione, nonostante l’incombenza di una svinatura da ultimare. Ne è venuta fuori una carrellata di assaggi e riassaggi, con alcune anteprime da vasca.
E proprio da queste ultime partirei per tracciare un primo, sommario e assolutamente non esaustivo/definitivo, identikit dei due Fiano di Avellino millesimo 2017, che sembrano avere un profilo più grasso e largo, appunto più lapiano, se mi consentite, pur se sorretti da bastevole acidità.
Il Fiano di Avellino 2016 ormai in commercio si conferma il vino simbolo dell’azienda, quello che si dice il pezzo forte (circa 22/25 mila bottiglie all’anno, a scaffale sui 12 euro). Un bianco solare, interpretazione davvero lodevole di un millesimo affatto semplice, per il quale potremmo senz’altro spendere diverse aggettivazioni in -issimo: citrinissimo, elegantissimo, buonissimo.
Aggettivazioni che sono in larga parte riutilizzabili anche per il cru Tognano** pari annata (anteprima – circa 2.500 bottiglie, 18 europei), che ha allungo, maggiori pienezza e complessità, una spiccata vena minerale e prospettive di invecchiamento (forse) ancor più rosee del Tognano 2014.
Ricordo bottiglie ben più felici, invece, del Fiano di Avellino 2010, che tradisce un po’ di ossidazione, soprattutto al naso, ma che regala comunque qualche bello spunto al palato.
Occhio al Taurasi 2012, prima annata prodotta con le uve di proprietà, ché Lapio, ricordate, è uno dei due comuni (l’altro è Montefalcione) dove la docg Taurasi si sovrappone a quella del Fiano di Avellino. Si tratta di un rosso fresco e acido, se vogliamo, più schietto che non elegante, ma assolutamente gratificante, che promette grandi cose a tavola.
Rocca del Principe
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* fossimo in Francia, parleremmo senzadubbiamente di grand cru.
** vigneto con minore insolazione su suolo sciolto e vulcanico in superficie, poi argilloso, che anche nelle stagioni più calde riesce a mantenersi “fresco”; vinificazione solo in parte diversa rispetto al Fiano “base”, con macerazione di tutte le uve per circa 12 ore.