Ho conosciuto Fausto De Andreis più o meno un anno e mezzo fa. Quel giorno c’era Sorgente di Vino ad Agazzano e io ci andai soltanto in extremis. Mi avvicinai perché incuriosito dallo spropositato numero di bottiglie sparpagliate sul suo banchetto e dagli occhi vispi di lui, occhiali di vista e capelli bianchi. Rimasi a lungo ad ascoltarlo mentre raccontava i suoi sforzi, la sua terra e il suo vino. Assaggiai i suoi vini, certo. Comprai l’intera verticale del suo Spigau Crociata, leggi pigato tradizionale, vino da tavola da quando gli fu negata la DOC perché ritenuto “eccessivo”. Per pochi euro.
L’ho incontrato qualche mese dopo a Milano. C’era Tutti i colori del bianco, un’altra bella manifestazione firmata Go Wine e rimasi folgorato dallo Spigau Crociata 2000, etichetta vintage e bottiglia più allungata, perfetta sintesi di potenza ed eleganza. Un vino con un che di masticabile (anche per via della macerazione delle uve), tutto mare e sale, miele e petrolio. Denso ma al tempo stesso tagliente.
L’ho rivisto ancora a giugno scorso, a Terroir Vino. Giusto il tempo di un assaggio insieme a quell’appassionato degustatore (prima ancora che produttore) che è Raffaele Troisi, il quale ne rimase colpito. Passai a salutarlo, prima di andare, e Fausto mi lasciò tutte le bottiglie “aperte” che erano rimaste sul tavolo. Prendile tu, mi disse. Accettai con entusiasmo, le portai a casa e le maltrattai pure, senza volerlo, dimenticate un giorno e passa nel bagagliaio prima di rimetterle al fresco. Le ho sorseggiate, poi, insieme a Davide Mingiardi di Enocratia, improvvisando una degustazione alla cieca. C’è stato da divertirsi, per una settimana intera.
C’erano il Vermentino 2008 (dai profumi di fiori secchi, frutta a polpa bianca e cera d’api, marino e salino in bocca) e il Pigato 2008 (profumato di erbe mediterranee e pompelmo rosa, agile, fresco e scattante in bocca, lungo e vibrante di sapidità).
C’erano, soprattutto, gli Spigau Crociata dal 2005 al 2008: mancava il tanto amato 2004, di cui già scrissi qualcosina su queste paginette (leggi qui).
Ecco qui qualche breve nota.
2005: la lunga macerazione regala un che di tannico. Sorprendente quel profumo che mi ricorda tanto le caramelle alpenliebe, a donare ulteriore complessità a un naso di frutta matura, miele e cherosene. Secco, al palato, dove la sapidità detta il ritmo e l’acidità regala slancio.
2006: anche qui la masticabilità è una costante. Le note di miele amaro e cedro quasi candito si intrecciano a quelle di conifere. In bocca, come al solito, è secco, tagliente e salato, chiude sugli agrumi.
2007: se vogliamo, il più scostumato della batteria. Tutte le sensazioni sembrano amplificate, con l’ossidazione che tratteggia dei chiaro-scuri di grande fascino ma certo di non facile approccio. Profuma di miele e di resina, quasi di frutta secca. L’attacco al palato è deciso e palpitante: dimostra, comunque, coerenza con le sensazioni olfattive. Stra-salino, stra-persistente.
2008 (campione da vasca): profumi di pompelmo e camomilla che tratteggiano un naso di grande pulizia e definizione. Il sorso si caratterizza per l’eleganza, ancor più che per l’acidità pulsante e la salinità marina.