L’ultima volta a Cantine dell’Angelo è stata nel 2009. Il vigneto di Torrefavale era stato appena impiantato, ma quel giorno aveva piovuto e così non potemmo visitarlo. Angelo Muto mi disse che non ce l’avremmo potuta fare e solo a distanza di 9 anni ho capito il perché.
Salire a Torrefavale – appena un ettaro di vigna, uno dei primi siti vitati a greco sin dal 1700 – non è pensabile se non con un fuoristrada o un trattore. La strada attraversa il bosco e si arrampica fin su in cima, con un dislivello di un centinaio di metri. La gelata primaverile del 19 aprile scorso ha fatto qui meno danni che altrove, salvo che nella parte più vecchia e posta a minore altitudine, dove le viti sono “a raggiera“.
Il cru Torrefavale è oggi uscito dalla denominazione del Greco di Tufo; questione di colore, innanzitutto. Lungi dal voler essere retorico, a me ricorda molto il Greco di Tufo che si è sempre bevuto a casa dei miei nonni, quello nelle classiche alsaziane che mia zia Carolina prendeva non so bene dove.
A pensarci bene, poi, c’è più di un’affinità caratteriale con il luogo da cui arriva questo vino, che alterna impennate di sale e un’acidità quasi citrina a passi più larghi e cadenzati, che scandiscono il sorso, spesso e materico, comunque scorrevole e mai ingessato.
Un vino da comprare e tenere via.
Cantine dell’Angelo
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