A pensarci bene, se dei bianchi ho parlato un bel po’ (leggi qui), dei rossi di Terroir Vino non ho scritto nulla. E sarebbe un peccato mortale non farlo.
Prendete questi due marzemino, per esempio: una versione secca ed una passita del vitigno più diffuso nella zona meridionale della valle dell’Adige, entrambe opera di Eugenio Rosi, “viticoltore artigiano” in quel di Volano.
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La mappatura dei vigneti di Eugenio Rosi |
Sul senso del “viticoltore artigiano“ basta filare dritti all’etichetta del “Doron“, qualche riga più in giù. Non rendono forse bene l’idea quella mano colorata sul bianco e quella scritta, appena sotto, “dono della natura e della passione dell’uomo“?! Natura più passione. Passione, come quella che – a parlarci – s’accende negli occhi di Eugenio e di sua moglie Tamara (è lei che cura la grafica); la stessa passione che pare fu di Mozart, che apprezzò particolarmente il marzemino al tempo del suo primo concerto in Italia, a Rovereto.
Anzitutto il Poiema 2007, ché questo millesimo è il primo vino dell’azienda ottenuto con l’uso di soli lieviti indigeni per la fermentazione. Le uve provengono dai vigneti della “zona dei Ziresi”, una delle più vocate della denominazione, a sinistra del vecchio letto del fiume Adige scendendo da Trento. Parte dell’uva (circa il 30%) viene raccolta ed appassita per qualche tempo e viene poi vinificata in botti grandi insieme con la restante parte che ha, invece, completato la maturazione in vigna. Molto luminoso il colore, rubino e anche piuttosto intenso. L’impronta del naso è dolce, allo stesso tempo selvatica: profumi di lamponi e rose rosse all’esordio, a seguire i frutti di bosco, la prugna, l’alloro e la rosa rossa, con lievi accenni di cacao. Di carattere, in bocca: gusto morbido, come i tannini, smussati dai quindici mesi in botti di rovere, ciliegio e castagno. Fresco, tredici gradi di frutto e morbidezza. Sì e no ottomila bottiglie.
E poi il Doron 2005 (Rosso dolce VdT), soltanto milleottocento bottiglie da uve stramature: denso e impenetrabile all’occhio, pieno e caldo in bocca. Costantemente elegante anche al naso, che è tutto un rincorrersi di piccoli frutti rossi e neri, di cioccolato e mallo di noce, di tabacco sul finale. Dolce il giusto – che è cosa nient’affatto scontata – per merito di quella vivace freschezza. Sorso appagante, a tratti con un che di balsamico, molto fedele alla sensazioni olfattive, soprattutto. Tredici gradi e mezzo sul groppone, tannino appena appena pronunciato. Tutto questo diciotto mesi dopo la barrique.
Lo trovate al Vinix Live! #6 del prossimo 21 agosto da Pojer&Sandri a Faedo (leggi qui).