Ero assai curioso di vedere coi miei occhi il Boscareto Resort, ovvero la struttura scelta da Les Caves de Pyrene per ospitare la degustazione annuale de “I vini di territorio“. E questo perché nei giorni precedenti s’era parlato ampiamente sul web – talvolta (forse) anche con toni inopportuni – della scelta della location, da molti definita un eco-mostro.
Vista dei vigneti dal Boscareto Resort (foto @Stralcidivite) |
Un’idea – ora che si sono stato – me la sono fatta: non una struttura in perfetta sintonia con il territorio circostante e il magnifico paesaggio di vigne adagiate lungo i pendii tutt’intorno, quello che si dice “un pesce fuor d’acqua“.
Certo, i motivi per cui il 6 settembre scorso mi ero messo in auto alla volta di Serralunga d’Alba erano altri: non perdermi l’interessantissima proposta di vini e rivedere vecchi e nuovi amici, conosciuti dentro e fuori la rete.
Potrei parlarvi di molti assaggi degni di nota fatti alla #deglcdp (com’era stata ribattezzata su twitter); scelgo, invece, di ricordare quelli che più mi hanno colpito tra i molti eccellenti.
Moscato d’Asti “Vigna Vecchia” 2004, Ca’ d’Gal (foto @Stralcidivite) |
Suona strano iniziare col parlare di un vino dolce ma, a conti fatti, il moscato d’Asti “Vigna Vecchia” 2004 di Cà d’Gal è stato forse l’assaggio più entusiasmante. Perchè? Semplice. Anzitutto perché si trattava di un moscato, vitigno che vuoi o non vuoi, anche inconsciamente, è spesso e volentieri snobbato. Poi perché, dopo aver capito che c’ha stoffa, ti accorgi che è un 2004, quindi non proprio l’altro ieri. Infine perché ha eleganza, equilibrio, profondità, spinta e allungo. Da manuale: zuccheri perfettamente bilanciati dalla freschezza; naso elegantissimo di frutta e note erbacee che ricorda l’albicocca e la pesca gialla, la salvia e l’ortica, con un accenno lievemente idrocarburico; sorso agile ma nient’affatto banale che chiude lungo e perfettamente coerente.
Che poi, già che ne sto parlando, gli altri due moscato d’asti dell’azienda – il “Lumine” 2009 e lo stesso “Vigna Vecchia” 2009 – promettono bene. Molto pulito, fresco, lineare, sempre in equilibrio tra componente zuccherina (110 g/l) e acidità, il primo; più complesso e pieno, il secondo, con sfumature di frutta che ricordano molto la pera.
“Raboso” IGT Marca Trevigiana, Lorenzo Gatti (foto @Stralcidivite) |
Subito dopo dico “Raboso” 2009 IGT Marca Trevigiana di Lorenzo Gatti, presentato dalla figlia Carolina. Non sarà il vino più buono del mondo nè pretende forse di esserlo, è un vino semplice e succoso, che profuma soprattutto di fiori ed è assai fresco, con l’acidità che spara a 9.8. Il pezzo forte è proprio il sorso, snello e di grande soddisfazione, di quei rossi che ne berresti a vasche intere (quelle utilizzate in azienda sono tutte di cemento) grazie anche al tannino molto sfumato dalla straripante freschezza e al basso grado alcolico (11%). Ha un punto di equilibrio tutto suo.
Lui e non il pur buono Prosecco Sur Lie, o Colfòndo, tappato “a corona” (la pressione è pari ad appena un’atmosfera) per contenere i costi a beneficio del consumatore finale, assicurando comunque la qualità. Al naso viene fuori la frutta (più che in altri assaggi della tipologia) anche se non è intensissimo. In bocca si dispiega in tutta la sua forza che non è potenza ma piacevolezza e bevibilità, con belle sensazioni minerali e di ferro.
“Zeta” 2009, Mattia Barzaghi |
E poi “Zeta“ 2009, la vernaccia di San Gimignano “base” di Mattia Barzaghi. Quella, non la versione appesantita dal legno: naso elegante che si ripropone con buona continuità, profumi erbacei e di frutta gialla con quella nota di mentolato che si insinua sullo sfondo. Fresco, molto fresco, dà il meglio di sé al palato, dove ne apprezzi il suo essere lineare e scattante, molto coerente con le percezioni olfattive.
Poire Granit 3% 2008, Eric Bordolet (foto @Stralcidivite) |
In chiusura, ancora lui, il Poire Granit 3% 2008 di Eric Bordolet. Sembrerebbe essere un vino e invece non lo è, nè potresti definirlo sidro, ché tale è solo quello di mele: questo è a base di pere e mi ha fulminato al primo assaggio, un paio di settimane fa. Al secondo, ha confermato le belle sensazioni dell’altra volta: eccezionale equilibrio raggiunto tra zuccheri e acidità, una beva leggera mai monotona e mai stancante. Lo versi nel bicchiere e un attimo dopo ti accorgi che è già finito.