Tranne che a casa di mio suocero, dove continuerà -nonostante i miei sforzi- ad essere visto con una certa diffidenza, il vino rosato piace sempre di più. Lo dicono i numeri, con le vendite dei rosé che sono in costante crescita, specialmente per quelli delle denominazioni più pregiate (Provenza in testa).
Personalmente, amo i rosati per la loro versatilità a tavola. Si possono accostare con facilità alle pietanze più disparate. Metti, per dire, di avere davanti un piatto di mare, dove l’abbondante presenza di pomodoro sconsiglierebbe l’abbinamento con vini bianchi molto acidi.
L’infografica sopra, che è tratta da un approfondimento sui rosé a cura di Vivino, rende bene l’idea del metodo saignée -letteralmente “da sanguinamento“- utilizzato per alcuni rosé di Champagne.
Per gli amanti del genere, tra cui anche il sottoscritto, vorrei segnalarvi l’ottimo Rosé de Saignée di Fleury, recentemente assaggiato a Comptoir de France*, durante una bella serata di degustazione comparativa (e alla cieca) di bollicine italiane e francesi.
L’azienda che lo produce si trova a Courteron, nell’Aube**, la zona più a sud, dove si produce principalmente pinot nero, che è appunto l’uva da cui è ottenuto questo champagne (leggi qui). Bolla fine, sorso che da’ appagamento, ha carattere e, nel contempo, non perde mai finezza.
[credits Vivino]
* boutique di vini e prelibatezze francesi a Roma.
** da segnalare che nel comune di Riceys, si produce anche un vino rosato e tranquillo, che con lo Champagne e il Coteaux Champenois è la terza AOC della regione.