É stata la settimana di questo post di Andrea Scanzi sul mondo del “vino naturale” e delle brevi riflessioni fuoriuscite dopo l’infelice assaggio di un’etichetta affiliata al movimento. Una bocciatura, a conti fatti, pur con le attenuanti del caso (certo, una bottiglia sbagliata può capitare).
A seguire, l’articolato pensiero di Jonathan Nossiter, ospitato sempre sul blog del giornalista aretino. In particolare, questo passaggio su cui credo sia utile soffermarsi (e che riguarda non solo il mondo-vino): occorre dosare i giudizi con l’umiltà.
Forse dobbiamo tutti fare più attenzione a dare un giudizio su un vino aperto solo una volta (non conosco per niente il vino “Borgatta” che ti è tanto dispiaciuto, dunque non è una difesa di loro ma da un principio). Un vino è fatto per farci piacere si… ma il piacere che abbiamo non è solo gustativo (come suggerisce un altro lettore). Se no, andremmo a bere un prodotto industriale e prevedibile. Ma sopratutto, immagini che qualcuno legge uno tuo articolo Andrea, diciamo uno dei meno riusciti e dice “Scanzi è un pessimo scrittore”. Che peccato visto le tante cose belle che fai. O qualcuno che vede solo un film mio e dice “Nossiter, senza talento” (ma in questo caso, può essere anche vero). Perché non diciamo che si dovrebbe almeno vedere tre film miei o leggere tre articoli tuoi più un libro, prima di pronunciarsi sul nostro lavoro. Così, ti suggerisco che manteniamo più umiltà davanti ai giudizi scritti e pubblicati. Magari, dovremmo dirci che se non beviamo tre bottiglie dello stesso vino della stessa annata in tre occasioni diversi, meglio aspettare un pronunciamento pubblico. Che ne dici?
Sull’argomento, per la verità, ero già stato sollecitato da taluni ben più navigati bloggherz (cit), giungendo alla conclusione (un proposito magari non sempre perfettamente messo in atto, faccio ammenda) che sia decisamente meglio evitare frasi e giudizi perentori. In tutto, tanto più nello sconfinato universo-vino.