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(P)assaggi a I Favati

I Favati

Ero in zona, non la fai una capatina a I Favati? È bastata una telefonata e poco dopo Rosanna Petrozziello mi ha aperto le porte della cantina sotto alla casa lungo il viale alberato di Cesinali.

Ci mancavo dal 2011, una vita fa, passai per girare una clip per Degustazioni dal basso, una trasversale sul Fiano di Avellino che condussi a Genova insieme con Massimo D’Alma. Protagonista, in quell’occasione, fu il Pietramara Etichetta Bianca 2007, la riserva de I Favati che ritroveremo di qui a un annetto con il millesimo 2019 ormai prossimo all’imbottigliamento.

Purtroppo non c’è stato il tempo di tornare nella vigna di contrada Pietramara ad Altripalda, in quello che ricordo essere un bellissimo anfiteatro baciato dal sole e rinfrescato dal vento. Siamo rimasti in cantina, dove gli spazi, comunque già più ampi di allora, si sono fatti di nuovo più stretti, tanto da programmare un ulteriore ampliamento della bottaia. Arriveranno un altro paio di troncoconici (per le fermentazioni dei rossi), sono aumentati i serbatoi in acciaio, in conseguenza di numeri più alti per il Fiano di Avellino (ma non solo), sia per estensione dei vigneti (ben 10 ettari sui 20 complessivi lavorati dall’azienda), sia per numero di bottiglie (circa 50 mila, poco meno della metà della produzione annua).

Insomma l’azienda fondata da Rosanna insieme con il marito Giancarlo Favati e con il cognato Piersabino è cresciuta, e continua a crescere. Merito anche di Carla Giusy, figlia di Rosanna, che si è dedicata anima e corpo a I Favati, rinunciando alla carriera intrapresa dopo gli studi universitari a Milano. Chissà che non possa presto essere il turno di Brigida, l’altra figlia, ormai prossima alla laurea in giurisprudenza, che pure già dà una mano.

gli assaggi

Ho provato di tutto un po’, ma per una volta sorvolerei sui bianchi, benché i secondi lotti di Fiano di Avellino e Greco di Tufo (occhio, eh!) per così dire “base” oltre che l’Etichetta Bianca del Fiano di Avellino Pietramara siano convincenti (specie quest’ultima, che sembra avere spinta, allungo, equilibrio, armonia).

È stato davvero interessante assaggiare le tre masse che andranno a comporre il Taurasi Terzotratto dei millesimi 2019 e 2018: le prime ancora nei troncoconici, le altre attualmente in acciaio. Ebbene, se da Montemarano arrivano potenza e struttura, nei vini di Venticano c’è un frutto croccante che si arricchisce di slancio e finezza in quello ottenuto con le uve della parte più alta. Roba che se uno non sapesse che si tratta della stessa vigna qualche dubbio gli verrebbe pure. Nel 2018, invece, i vini di Venticano sembrano un gradino appena sotto, almeno per ora, il rosso di Montemarano, che mostra note fruttate di bella maturità, e un sorso pieno e vigoroso, però mai in difetto di dinamismo.

Staremo a vedere.

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