A proposito di grandi bianchi irpini e della dichiarazione d’amore di Tom Hyland per il Greco di Tufo, tocca dirvi due parole sul Grotte 2002 che ho avuto il privilegio di assaggiare durante la mia visita a Colli di Castelfranci.
L’azienda fondata da Gerardo Colucci e dal cognato Luciano Gregorio proprio in quell’anno vive un paradosso e a svelarlo è lo stesso Sabino Colucci, figlio di Gerardo, oggi al timone delle operazioni enologiche: «siamo molto più conosciuti per i bianchi che non per i rossi». La cosa è decisamente insolita se si pensa che l’Alta Valle (che è anche il nome dell’etichetta di Taurasi) e Castelfranci, in particolare, è terra di grandi vini da uve aglianico.
Non è difficile, per la verità, prevedere un’inversione di tendenza nei prossimi anni, con gli accorgimenti introdotti dal giovane Sabino, che ha studiato all’estero e vissuto un’importante esperienza a Chateau Margaux. Su tutti, l’introduzione delle fermentazioni in legno, in ossequio a quell’idea secondo cui i vini lì devono nascere e crescere.
Ma torniamo a noi e a questo Greco di Tufo 2002, prima annata, e che annata! Un bianco splendido, che ci dice sostanzialmente due cose, che però dovremmo tutti già sapere. Uno, il greco non ha mica paura del tempo che passa. Lo dimostrano integrità e lucentezza, non solo nel colore, ma anche nelle sensazioni gusto-olfattive, niente male davvero. Due, il greco non teme alcuna pietanza. Un caterpillar, va praticamente su tutto. Così, anche l’abbinamento sul pollo ruspante è riuscito alla perfezione, certamente anche per merito della mamma di Sabino, che ha cucinato, tra le altre cose, una buonissima maccaronara.
Il Grotte* ha risposto presente, poi vi chiedete perché uno ama il Greco di Tufo.
*l’azienda produce anche il Vallicelli, una selezione di uve greco coltivate a Castelfranci.