Eugenio Rosi: natura + passione = marzemino

By alexmarra83 / 27/07/2010
A pensarci bene, se dei bianchi ho parlato un bel po’ (leggi qui), dei rossi di Terroir Vino non ho scritto nulla. E sarebbe un peccato mortale non farlo.
Prendete questi due marzemino, per esempio: una versione secca ed una passita del vitigno più diffuso nella zona meridionale della valle dell’Adige, entrambe opera di Eugenio Rosi, “viticoltore artigiano” in quel di Volano.
La mappatura dei vigneti di Eugenio Rosi
Sul senso del “viticoltore artigiano basta filare dritti all’etichetta del “Doron“, qualche riga più in giù. Non rendono forse bene l’idea quella mano colorata sul bianco e quella scritta, appena sotto, “dono della natura e della passione dell’uomo“?! Natura più passione. Passione, come quella che – a parlarci – s’accende negli occhi di Eugenio e di sua moglie Tamara (è lei che cura la grafica); la stessa passione che pare fu di Mozart, che apprezzò particolarmente il marzemino al tempo del suo primo concerto in Italia, a Rovereto.

“Poiema” Marzemino
Anzitutto il Poiema 2007, ché questo millesimo è il primo vino dell’azienda ottenuto con l’uso di soli lieviti indigeni per la fermentazione. Le uve provengono dai vigneti della “zona dei Ziresi”, una delle più vocate della denominazione, a sinistra del vecchio letto del fiume Adige scendendo da Trento. Parte dell’uva (circa il 30%) viene raccolta ed appassita per qualche tempo e viene poi vinificata in botti grandi insieme con la restante parte che ha, invece, completato la maturazione in vigna. Molto luminoso il colore, rubino e anche piuttosto intenso. L’impronta del naso è dolce, allo stesso tempo selvatica: profumi di lamponi e rose rosse all’esordio, a seguire i frutti di bosco, la prugna, l’alloro e la rosa rossa, con lievi accenni di cacao. Di carattere, in bocca: gusto morbido, come i tannini, smussati dai quindici mesi in botti di rovere, ciliegio e castagno. Fresco, tredici gradi di frutto e morbidezza. Sì e no ottomila bottiglie.

E poi il Doron 2005 (Rosso dolce VdT), soltanto milleottocento bottiglie da uve stramature: denso e impenetrabile all’occhio, pieno e caldo in bocca. Costantemente elegante anche al naso, che è tutto un rincorrersi di piccoli frutti rossi e neri, di cioccolato e mallo di noce, di tabacco sul finale. Dolce il giusto – che è cosa nient’affatto scontata – per merito di quella vivace freschezza. Sorso appagante, a tratti con un che di balsamico, molto fedele alla sensazioni olfattive, soprattutto. Tredici gradi e mezzo sul groppone, tannino appena appena pronunciato. Tutto questo diciotto mesi dopo la barrique.
Lo trovate al Vinix Live! #6 del prossimo 21 agosto da Pojer&Sandri a Faedo (leggi qui).
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Alessandro Marra

Chi Sono

Sannita di nascita – da mamma lumbàrd e papà irpino – ma tifoso dell’Avellino.

Da diverso tempo esiliato per studio (una triennale in Scienze Politiche e una magistrale in Giurisprudenza) e per lavoro (prima a Milano, ora a Roma).

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