L’etichettatura di un vino è materia disciplinata dalla Legge (D.M. 23 dicembre 2009 del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali): ci sono indicazioni obbligatorie, altre solo facoltative, altre ancora vietate. L’etichetta è la “carta d’identità” del vino e perciò le informazioni riportate debbono essere chiare, verificabili e – soprattutto – complete. In linea di massima, tanto più alta è la qualità dichiarata (non penserete mica che un vino DOCG è migliore, a prescindere, di un VDT!?), tanto più numerose debbono essere le notizie da dare al consumatore.
Per la controetichetta le cose si fanno anche un attimino più complesse, dovendosi tenere conto della legislazione vigente nel Paese in cui il vino sarà poi commercializzato. Informazioni obbligatorie per l’Italia potrebbero non esserlo, quindi, per gli Stati Uniti o – che ne so – per l’Australia e viceversa.
A prescindere dalle informazioni obbligatorie per Legge, la maggior parte delle controetichette contengono indicazioni assai preziose per il consumatore. Altre un po’ meno, ecco. 🙂
Ci sono le controetichette parlanti: dati analitici del vigneto, provenienza delle uve, esatte percentuali dei cépage utilizzati, coordinate GPS, altitudine, composizione dei terreni. Tra queste, ce ne sono alcune che puoi pure staccare e portare a casa: mai sentito parlare dei c.d. vini parlanti? O, più semplicemente, esemplari come quello in foto (che è poi la controetichetta del Relógio 2009 di Ca’ Orologio di cui ho parlato qui) che ti dicono tutti o quasi. Luna compresa. 🙂
Ci sono le controetichette tecnologiche, ovvero quelle con il QR Code che tu ci vai su con il tuo aifòno e vieni indirizzato direttamente a un link “nascosto”, dove potrai leggere certe cosette. Quelle simboliche, dove il piatto di pasta lascia intendere l’abbinamento con i primi piatti o il grappolino indica i vitigni utilizzati. Quelle romantiche, dove sono riportate storie e storielle mitologiche, leggendarie o di vita vera.
Infine, nemmeno poi tanto rare, le controetichette idiote. Quelle, per intenderci, dove il vino è, in pratica, degustato e definito nientepopòdimenoche esclusivo. Come il vino in cui mi sono imbattuto l’altra sera.
Esclusivo!? Ma che vorrà dire? Bah.
bhè, esclusivo perchè esclude dal berlo?! 🙂
bella etichetta comunque. Mi sono sempre piaciute le c.d. “etichette parlanti”, specie quelle dove vengono date notizie precise sui vari additivi e/o valori delle analisi pre-imbottigliamento. E sono sempre stato un supporter dell’obbligatorietà in etichetta di tutte le predette cosucce. Del resto pago e quindi pretendo di sapere quel che bevo. Mi vengono in mente la controetichetta di Gabrio Bini ed altre di vignaioli del gruppo Velier, che ritengo ottime, ma non ancora come le vorrei.
Ric.
Perché esclude dal berlo?
Mmmhh, po’ èsse… (cit) 😉