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Lapio, patria del Fiano di Avellino

Fiano di Avellino, Lapio

Lapio è a tutti gli effetti un grand cru del Fiano di Avellino.

Ancor prima che di fiano – va detto -, Lapio era (ed è tuttora) terra di aglianico. Non va dimenticato che Lapio e Montefalcione sono gli unici due comuni ove vengono a sovrapporsi gli areali delle Docg Taurasi e Fiano di Avellino. Un vero e proprio unicum: non vi sono, infatti, altri punti di contatto tra le 3 Docg dell’Irpinia*.

Il giochino dello scorso fine settimana è stato assaggiare 3 diversi Fiano di Avellino provenienti da Lapio e tutti della stessa annata (la 2019). Una carrellata interessante, certo non esaustiva, ché a Lapio ci sono anche altri interpreti di assoluto valore. Ecco com’è andata (vini nello stesso ordine in cui li ho assaggiati). Al solito, tra parentesi, di fianco a ogni azienda, trovate il peso della bottiglia vuota.

Fiano di Avellino, annata 2019

Colli di Lapio (620 gr.): fine, profumato di glicine, fiori bianchi e agrumi, è fresco e chiude sapido, con una parte quasi aromatica.

Romano Nicola (545 gr.): da un Romano all’altro, Nicola e il figlio Amerino conducono questa storica azienda lapiana. Naso più sfocato e impreciso, magari anche meno di impatto, se vogliamo; ma se funziona bene è tutto merito del sorso che scorre dritto e sapido.

Filadoro (600 gr.): a proposito di impatto, questo è probabilmente il più ricco. L’intensità gustativa è il pezzo forte: frutta gialla e matura in retrolfazione, sale in chiusura.

* l’altra, come già sapete, è il Greco di Tufo.

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