Un’addizione – quella suggerita dal nome – del periodo di invecchiamento in legno e di quello in bottiglia per l’affinamento, prima della commercializzazione, che testimonia chiaramente la sana ambizione della giovane azienda di Nicola D’Occhio.
A incidere, più che il lungo tempo trascorso nelle barriques, anche qui – seppure in misura minore, a mio avviso – il rovere americano; l’impostazione è, però, completamente diversa l’impostazione rispetto alla riserva di aglianico di cui ho scritto, sempre su queste paginette, qualche giorno fa.
“36+6” 2005, la riserva di aglianico del taburno di Torre Varano |
C’è di buono che l’aglianico si esprime con buona tipicità; è evidente quel suo carattere austero, già anticipato dalla puntuale rispondenza tra il colore scuro del vino e i profumi dominanti di frutta cupa e spezie forti, avvolti da un anelito polveroso che non toglie, anzi aggiunge fascino.
Servirlo correttamente è quantomai necessario affinché i residui in bottiglia, derivanti dalla non filtrazione, non penalizzino l’aspetto puramente visivo. Gusto deciso, con la vigorosa aggressività del tannino che chiude amarognolo; tanto esuberante da non permettere al sorso di concedersi in pieno e riducendone così, pur potendo contare su un cospicuo apporto di freschezza e su una vibrante punta sapida, le attuali potenzialità di beva.