Born in 1983 potrebbe essere il titolo del mio selfie con Salvatore Molettieri: una foto di un paio di anni fa, ricordo della visita in azienda a Montemarano.
In un certo senso siamo nati entrambi in quell’anno: se però, nel mio caso, è puramente una questione anagrafica, per quanto riguarda Salvatore, il riferimento è più che altro all’avvio della sua attività di imbottigliatore.
Erano gli anni del dopo terremoto e Salvatore Molettieri – come ho già scritto in questo post sulla storia del vignaiolo di Montemarano – fu tra i primi, in Irpinia, ad affrancarsi dal conferimento delle uve alle grandi cantine del territorio. Ricordo bene il suo racconto e i sentimenti contrastanti che affioravano tra le sue parole: un mix di orgoglio e testardaggine, ma anche paura e preoccupazione per quello che fu, a tutti gli effetti, un “salto nel vuoto“.
La vigna Cinque Querce
La fama di Salvatore Molettieri è evidentemente legata a quella dei suoi Taurasi – possenti, strutturati, longevi, non privi di eleganza – e della celebre vigna Cinque Querce. Dalle uve dei filari a dimora in contrada Iampenne la famiglia Molettieri produce non soltanto il Taurasi e il Taurasi Riserva omonimi, ma anche un’etichetta – solo sulla carta – più semplice, che è l’Irpinia Aglianico Cinque Querce.
Il millesimo 2017, stappato qualche settimana fa, ha fatto il suo dovere a tavola, ma soprattutto ha acceso la curiosità per l’assaggio dei Taurasi pari annata (per i quali, beninteso, ci sarà ancora da aspettare). Il tannino è pronunciato, ma nient’affatto ruvido; la bocca è articolata, spessa, ha grande presenza: sapidità e freschezza balsamica danno ulteriore slancio alla beva.
Verrebbe da dire un mini Taurasi, ma io non sono mica sicuro di rendere così il giusto merito a questo rosso. Un Signor Aglianico, che vale tutti i 18 europei necessari per l’acquisto: mettetene da parte qualche bottiglia, sono sicuro che non vi deluderà!