Nella sempre più affollata sezione “vini che creano dipendenza” della mia moleskine occupa decisamente un posto di rilievo questo pinot noir della Côte d’Or.
Piccolo freno al consumo smoderato è il prezzo, che non è propriamente quello di un vino quotidiano, nell’accezione più economica del termine. Dopotutto, se non fosse per i 40 europei e passa che occorrono per una bottiglia, questo sarebbe un vino da bere a tutte le ore, colazione compresa, tutti i giorni della settimana e del mese, negli anni pari, in quelli dispari e in quelli bisestili. In pratica, sempre.
In effetti, si beve (leggi tracanna) che è un piacere: tanto tanto succo, una trama tannica setosa ed una finezza paradigmatica per la denominazione, che assurge a canone universale di bellezza.
“Cazzo che vino” (cit. un anonimo laico appassionato).