Stefano Raimondi è un ragazzotto con i ricci neri e la barba, tortonese di nascita, oggi impegnato presso l’Istituto di Virologia Vegetale. Si occupa di ampelografia a Grinzane Cavour, in pratica di raccolta e studio delle varietà.
Di uve, nella sua regione, se ne contano all’incirca 400: non tutte sono piemontesi doc e – contrariamente a quanto si possa pensare – il nebbiolo, che è indiscutibilmente quella di maggior pregio, è allevato su una superficie pari ad appena il 4% dell’intera estensione vitata piemontese.
Ha pubblicato anche un libro (che in realtà è la sua tesi di laurea) – Vitigni Minori e Rari nel Tortonese – edito da Edo Edizioni Oltrepo’ con il patrocinio del CNR Istituto di Virologia Vegetale e dell’Associazione Ampelografica Piemontese.
Nell’interessante seminario che ha condotto a Tortona qualche giorno dopo l’ultimo Vinitaly, ha parlato di alcuni vitigni minori del Piemonte, proponendo poi alcune etichette in degustazione.
Malvasia Moscata: la richiesta di iscrizione al Ministero è stata presentata da appena qualche mese. Nessun legame con altri vitigni italiani o francesi per una varietà di cui si hanno notizie tanto antiche della sua presenza in Piemonte da far ritenere che possa essere originaria proprio della terra sabauda.
Pelaverga: non ha nulla a che vedere con il peleverga piccolo, utilizzato in Langa e previsto dalla DOC Verduno Pelaverga. Le ipotesi sull’origine del nome sono diverse: la più accreditata parrebbe essere quella che lo fa derivare dalla necessità di forti diradamenti per far colorire l’uva. Le prime citazioni di questa varietà risalgono al 1600; prima ancora era conosciuto come cari nelle colline tortonesi. Si caratterizza per il profumo e per il colore non troppo intenso.
Quagliano: di origine sconosciuta, quest’uva non è legata ad alcun vitigno del Piemonte. Forse è arrivata da altre parti d’Italia o dalla vicina Francia. Oggi presente nella zona di Saluzzo, è varietà sia da tavola che adatta alla vinificazione. Anch’essa ha poco colore, il suo profumo leggero è molto simile a quello del moscato.
Gamba Rossa: nome ufficiale del gamba di pernice (che è stato protetto da Avignonesi). Il vitigno era una volta coltivato in tutto il Piemonte del Sud, oggi è presente solo a Calosso. Si distingue per i suoi profumi fruttati e speziati.
Slarina: una delle ultime varietà ad essere iscritta. Non ci sono ancora impianti, le prime viti saranno disponibili soltanto a partire dal prossimo anno e potranno essere piantate nella zona della provincia di Alessandria. Si adatta anche a terreni pianeggianti, aridi in estate e perlopiù ghiaiosi. Ha grappolo spargolo, non è soggetto a muffe o a marciumi; perciò è ideale per l’appassimento. Da’ origine a vini speziati dal colore non intensissimo.
Nebbiolo: varietà antica, forse autoctona, di cui sono stati provati legami genetici con vitigni francesi e valtellinesi. Le prime citazioni in Piemonte risalgono al 1200. Ben si è adattato nelle zone continentali, Il suo ciclo vegetativo è lungo: germoglia molto presto e matura molto tardi. L’aspetto delle foglie è variabile a seconda delle zone.
Chatus: conosciuto in Francia già dal 1600, quest’uva è sempre stata molto diffusa in Piemonte anche se con nomi diversi. Per l’iscrizione è stato scelto il nome francese. Vitigno che ben si è acclimatato su suoli acidi, da’ vita a vini dal colore intenso, ricchi d’estratto e con spiccata acidità.
Uvalino: uva che oggi è presente soltanto nell’astigiano, tradizionalmente usata per “n’caplè“, cioè per rfermentare. Si fermentava, si svinava, si pigiava l’uva, poi si aggiungeva acqua e zucchero e si faceva rifermentare con le vinacce. Dava colore e vigore. Varietà ricca di polifenoli, vi si ottengono vini dal colore intenso e ricchi di estratto. Tra le uve piemontesi è quella con il maggiore contenuto di resveratrolo.
Moscato bianco: diffuso in tutto il mondo, è vitigno probabilmente non autoctono del Piemonte ed è oggi il secondo per superficie vitata. Se vinificato secco, richiede molta attenzione per evitare il classico amarognolo. Il suo caratteristico aroma è dato dal linalolo.
Brachetto d’Aqui: è solo una delle numerose varietà. Ha una certa affinità di aroma con il moscato (geraniolo), foglia rotonda e perfettamente simmetrica. Altri brachetti non autorizzati: brachetto migliardi ad Acqui Terme, a grappolo lungo nel Roero, brachetto a Nizza Monferrato.
Ce ne sono di uve strane, eh? 🙂
Interessante articolo! Mi è capitato proprio recentemente di scoprire diversi vitigni di cui non conoscevo l’esistenza; in Piemonte per restare in tema ho scoperto che esiste un vitigno minore praticamente sconosciuto di nome “il carica l’asino”. La scoperta dei vitigni minori potrebbe diventare un lavoro a tempo pieno nella nostra Italia! 🙂
Ecco, il carica l’asino mi manca. 🙂
Per il resto, hai perfettamente ragione: il patrimonio ampelografico della nostra Italia è immenso.
Peccato che tutto ciò non conti abbastanza per qualcuno…
That is so cool that you mentioned Quagliano from Saluzzo.. I know it well! It never gets any attention even though Saluzzo is so close to Langhe…(maybe bc it is nothing in comparison to the rest..but still;)) Beautiful post!
Hi, Anna!
I was very impressed by quagliano. I tasted Colline Saluzzesi DOC Quagliano 2009, Bonatesta Rovere. Do you know it?