Succede che il pinot nero lo trovi pure in Emilia Romagna e non te l’aspetteresti. Succede che lo trovi accoppiato al grasparossa e al sorbara con risultati sorprendenti.
Gian Matteo Vandelli: il “Senzaspinerosè”, il “Robusco” e il “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”. |
Il Senzaspinerosè 2008 di Ca’ Berti è blend a prevalenza pinot nero unito a un 30% di grasparossa. Le uve provengono dai vigneti con le migliori esposizioni sulle colline di Levizzano, dove i terreni sono più ghiaiosi e il microclima è meno umido. La rifermentazione in autoclave conferisce un naso fragrante di frutta e fiori con una lieve nota erbacea sullo sfondo; il corpo è agile e scattante, il tenore alcolico si mantiene sugli undici gradi e mezzo. Solo quattromila bottiglie.
Alberto Fiorini: il “Vigna del Caso”, il “Curtis in Lama” e il “Corte degli Attimi”. |
Il Curtis in Lama 2008 dell’azienda Fiorini, invece, è più sorbara che pinot nero: ottanta contro venti le percentuali. Un metodo charmat lungo con le due masse impegnate in due distinte vinificazioni: sette ore di macerazione per il pinot nero e appena quattro per il sorbara. Il nome è quello del podere della famiglia “Da Ganaceto” e quello che c’è dietro l’etichetta è un colore strano, a metà strada tra il rosato e il dorato, tenue e con una bella spuma nel calice. Profumi più secchi nonostante le note ben definite di fragole e rosette; e una maggiore gradazione a reggere la più accesa mineralità del vitigno dominante. Da terreni maggiormente sabbiosi. Solo diecimila bottiglie.
[foto tratte da Terre di Vite]