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Il Griotte-Chambertin 1985 di Joseph Drouhin e il nuovo logo di [S]tralci di vite

Non so voi ma è da un po’ di tempo che gioco a ricordare fatti e/o persone a suon di bocce seccate (cit). Compleanni, feste e festicciole varie, momenti più o meno (para)normali. La cosa mi piace, e non poco. Il fatto è – e questo, secondo alcuni, è assolutamente grave – che ogni occasione è buona per tirare il collo (cit) a una bottiglia. Insomma, mi impegno più del solito a crearmi io stesso occasioni per festeggiare.

Così è stato per questo pinot nero, pardon pinot noir di Borgogna, bevuto (manco a dirlo) per ricordare un giorno di quelli segnati e ri-segnati in rosso. Nemmeno una settimana prima, infatti, con tono trionfale avevo parlato in mondovisione ai milioni di lettori -vabbè, facciamo pure qualcuno in meno- di questo (pseudo) blog: “habemus logo“. Con tanto di fumata bianca (e non pensate a male…).

Insomma, l’avvenimento era epocale, come potete (ben?) immaginare. A questo aggiungasi che si trattava di ringraziare i due amici – Chiara Giovoni e Marco Mondani – che questo logo lo hanno partorito, accogliendo anche la mia preghiera di non stravolgere la testata del vecchio [S]tralci di vite (che ci volete fare, non era niente di speciale ma mi ci ero affezionato).

La bevuta è stata sconvolgente: mi sono tormentato più e più volte, chiedendomi quanti anni gli avrei mai dato io, a questo Griotte-Chambertin, se prima di aprirlo -e di comprarlo, of course, con conseguente (im)previsto svenimento del portafogli – non avessi letto la fascetta con l’indicazione dell’annata, millenovecentottantacinque. Ecco, sicuramente non 25. Difficile pensarlo, ve lo assicuro.

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Un grand cru, certo. Anzi, per essere precisi uno degli otto grands crus di Gevrey-Chambertin, nella Côte de Nuits. Mica pizza e fichi. Che poi è un climat esteso appena 3 ettari, per di più estremamente frammentato – ma ci pensate a quanto sono geniali i francesi? (i cugini d’oltralpe utilizzano questo termine per rimarcare il fatto che anche in un unico, piccolissimo vigneto vi sono porzioni più o meno estese con caratteristiche pedoclimatiche proprie). Dicevo, 3 ettari di cui poco meno che mezzo di proprietà della Maison Joseph Drouhin, condotto secondo i dettami della viticoltura biologica già dal 1990.

Leggo sul sito internet tutto quello che occorre sapere: età media delle viti di circa 27 anni, raccolta svolta esclusivamente a mano, uve sottoposte a macerazione per 2/3 settimane, poi fermentazione a temperatura controllata, tra i 14 e i 18 mesi di maturazione in barrique (il 20% delle quali di primo passaggio).

D’un eleganza finissima. Al naso, come pure al palato. Non una cosa fuori posto, ecco: il giusto tenore alcolico, perfettamente integrato rispetto al tutto; un bouquet che, orfano delle briose note fruttate di gioventù, regala profumi di grande complessità ed evoluzione. Una bellissima nota animale, tanto per atteggiarmi a sommelier di livello; selvatica, meglio. Il tartufo e la pelle, un lieve sentore metallico, il tabacco, sussurrati ricordi di noce moscata.

E poi in bocca, palpitante e sempre cangiante. C’ha stoffa il ragazzo, ho pensato. Trionfo di struttura e al tempo stesso di leggiadria, con quel sale che ti si stampa sulla lingua e non va quasi più via. Lungo, lungherrimo. E tutto meno che decadente.

Una bevuta colossale, dico io. Da quelle parti, invece, usano dire semplicemente chapeau! Che poi è la stessa cosa che ho esclamato io, di cuore, quando Chiara e Marco mi hanno mostrato il nuovo logo.

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(2) Commenti

  1. ………. sempre …vivaci e invitanti le tue recenzioni, complimenti per il logo , per lo stile lessicale , e ……….per le grandi novità ………..
    mat

    1. Grazie, Matilde!
      Sempre un piacere leggerti su queste paginette!

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