In un’ipotetica classifica dei Fiano di Avellino di cui si parla sempre troppo poco, il “CampoRe” di Terredora occuperebbe certo una delle primissime posizioni.
Complici le dimensioni*, spesso assurdamente valutate a priori come criterio di discrimine tra il buono e il non buono, il cru di Lapio dell’azienda fondata da Walter Mastroberardino e guidata oggi da Paolo e Daniela, dopo la scomparsa dell’altro figlio Lucio, è vino molto meno considerato di quanto non meriterebbe.
La riprova dell’assaggio -se mi consentite- “laico” lo promuove, invece, a pieni voti e anche il 2010 incrociato di recente era davvero in splendida forma.
Un bianco di grande ricchezza, in cui i tratti peculiari dell’areale di provenienza delle uve sono amplificati dalle modalità di vinificazione, che contempla una leggera surmaturazione dei grappoli ed il passaggio in legno di una parte del mosto, con permanenza prolungata sulle fecce fini.
Intenso, balsamico e persistente anche a bicchiere vuoto, profumato di pesca bianca, fiori di acacia ed erbette, elegante e saporito al sorso. Decisamente in grado di poter reggere un invecchiamento anche maggiore.
Terredora Di Paolo
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* parliamo di un’azienda che possiede circa 200 ettari di vigneti.