Poco o nulla avrei saputo dirvi, prima di questo assaggio, della doc Lessini Durello se non che è denominazione a forte vocazione spumantistica grosso modo coincidente con la zona dei Monti Lessini, appunto, a cavallo tra le province di Verona e Vicenza; e che il vitigno “principe” è il durello, localmente detta durella.
Poco altro potrei dirvi ora ché il durello o la durella è pianeta enoico da me fin qui poco esplorato. Certo è che la boccia che mi sono scolato a Pasqua ha fatto scattare quella molla ai più nota come curiosità. La classica frase che mi viene in mente a cose fatte è un giretto in zona lo farò. Il punto è capire quando perché ultimamente non faccio altro che segnare nomi e località sulla mia moleskine e quasi me ne occorrerebbe una soltanto per quello.
L’etichetta nera è la riserva di un’azienda (Fongaro) a me altrettanto sconosciuta, protagonista – suo malgrado – nei giorni precedenti di un passaparola di quelli che ci sono spesso in rete: pochi tweets scambiati con Maria Grazia Melegari (aka @soavemente) – che già mi aveva descritto l’azienda di Ronca’ come una delle realtà più interessanti dell’intera denominazione – e Natascia Artosi (aka @eticavitis) che la cosa l’aveva confermata… e spedita. Proprio lei debbo, infatti, ringraziare per il pacco ricevuto in dono, al cui interno vi erano due bottiglie tra cui – ta-ta-ta-taaan – questa.
Una rivelazione. Vi spiego il perché.
Per una buona volta è praticamente piaciuta a tutti. A mio papà, per dire, che storce sempre il naso quando c’è qualcosa di nuovo. A mia sorella grande che per farle assaggiare qualcosa la devo rincorrere per la casa. A mio fratello, pure: lui è il più difficile di tutti, tarato com’è sull’aglianico. Detto che anche mia sorella piccola, provetta sommelier, partecipa volentieri e con profitto agli esperimenti pur dovendosi accontentare di qualche goccia, rimane mia madre, desolatamente astemia (che delusione!) e soggetta a crescente disperazione con l’aumentare dei calici che finiscono ogni giorno davanti ai nostri piatti.
Colore dorato davvero molto bello, perlage fine e piuttosto frenetico. Calice pieno zeppo di profumi: la frutta secca e la frutta gialla, la crosta di pane e una bella mineralità di territorio. Farà anche legno? Può essere… (Ho controllato: sì, parte della massa matura in barrique prima dell’affinamento in bottiglia sui propri lieviti per 36 mesi)
In bocca è ancora meglio perché ha tutto quello che mi piace trovare in una bollicina: intensità e durevolezza delle sensazioni, sorso tagliente e sapido, dosato il giusto per mettere in evidenza quelle ho sempre sentito descrivere come le peculiarità di quest’uva. Finale che richiama il mango, direi; e la frutta secca.
Ecco. Sintetico identikit di quella che sono solito chiamare una bella boccia.
Ciao. L’anno scorso ebbi modo di assaggiare da DOC Durello Lessini secco e charmat brut della Cooperativa Colli Vicentini e ne rimasi molto ben impressionato. Merita.
Grazie della segnalazione, Alessandro.
Torno a ripetermi: il durello è pianeta enoico fin qui da me poco esplorato; se mi capita, li proverò ben volentieri!
🙂
ciao,
a.
Grazie Alessandro, mi fa piacere che sia piaciuto a tutta la famiglia! Come pensavo una buona bottiglia da condividere nei giorni di festa(e non solo :))
Ciao
Natascia
Grazie a te, Natascia!
🙂
[…] di studio, nel senso mutuato dalle migliori telecronache calcistiche) mi erano piaciuti non poco (dico, ricordate questa boccia?!?). Così, i giorni a Vicenza sono stati l’occasione giusta che aspettavo da un po’ per […]