Il sottoscritto prosecco mi piace. E pure assai. Di Asolo, intanto. Che è la nuova denominazione adottata con la DOCG al posto di quella che parlava del Montello e dei Colli Asolani, colline a sud di Valdobbiadene.
Mi piace perché é diverso, austero e metallico.

Diverso. Sia chiaro, tra virgolette; diverso da quello che fin ora è stato per me il
prosecco. Ignorante come non potrò mai fare a meno di essere non avrei manco immaginato potesse esistere un’intepretazione così, con i
lieviti naturali a innescare la
rifermentazione in bottiglia, caratterizzando così un prodotto che poco ha a che vedere con quello della Valdobbiadene. Lieviti sul fondo,
sur lies o più semplicemente
colfòndo; rifermentazione naturale in bottiglia invece che quella solita in autoclave.
Austero. L’ho detto: ha poco dei prosecco che ho conosciuto. Parlo del colore, giallo torbidino e poco lucente, accattivante e misterioso, non esattamente definibile nelle sue sfumature. Parlo della spuma, più copiosa e persistente. Parlo del gusto, secco, deciso, nient’affatto banale. Duro e appagante, con il palato chiamato a fare in fretta il suo dovere onde non poter godere appieno delle belle sfumature agrumate e dell’ammandorlato in chiusura.
Metallico. Ferroso, direi. Sensazione forse accentuata dal dosaggio zero. Bontà anche di un terroir caratterizzato da una massiccia composizione argillosa.
Per questo mi piace il
col-fòndo. O meglio
col-fòndo-bucato, perché a me la bottiglia è andata via in un battibaleno, quasi senza che me ne accorgessi. E non chiedetemi quanti
eurini bisogna sborsare perchè vi risponderei
‘esattamente una bottiglia‘.
Tanto è costata davvero a me: potenza del
#barattowineday (ne ho parlato
qui).
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