Una nuova via per l’aglianico? Il Turrumpiso di Canlibero, per esempio.
Lo ha detto benissimo Aldo Fiordelli su Decanter, nell’articolo dedicato all’ultima edizione di Campania Stories (a proposito, ci sono già le date della prossima edizione): «Aglianico is at the centre of an intriguing style revitalisation, a winemaking revolution of sorts».
E checché ne dicano i soliti (presunti) espertoni dalla tastiera facile, il taglio con i vitigni internazionali non è (più) la strada maestra – vivvaddio! – per arrivare a rossi da aglianico più “immediati”, buoni ora e pure tra vent’anni. Quello che si è affermato di recente – continua Fiordelli – è «a lighter e more fruit-forward style», anche grazie alla «combination of lighter extraction and a more approachable vintage», qual è stata, ad esempio, l’annata 2018 per i rossi in Campania.
A proposito di altre strade per l’aglianico, segnalo convintamente il Turrumpiso di Canlibero, l’etichetta più “semplice” tra i rossi di questa giovane azienda di Torrecuso. Il millesimo 2019 è a mia memoria (forse) il più buono mai prodotto da Ennio Romano Cecaro e Mena Iannella, che questa strada diversa l’hanno imboccata già da qualche anno (la prima annata prodotta, pur se non commercializzata, è stata la 2011).
Un rosso ottenuto da sole uve aglianico, raccolte nella seconda metà di ottobre, che non vede legno e fa – nell’ordine – 25 giorni di macerazione sulle bucce in tino aperto, 12 mesi di affinamento in acciaio, infine 3 mesi in bottiglia. Non filtrato (nondimeno pulitissimo nel bicchiere), senza solfiti aggiunti, 13 gradi e mezzo di alcol, una facilità di beva impressionante, a cui contribuisce certo la spinta della volatile, presente, ma nondimeno funzionale ad accentuarne la forte vocazione gastronomica.
E la bottiglia finisce in quattro e quattr’otto.
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