Ci incontriamo alla YN VINERIA della Rinascente in piazza Duomo a Milano.
Siamo in 7: io conosco solo Giovanna, Giacomo ed il suo sogno diventato realtà: degustare il rosso argentino Yacochuya da uve malbec, in compagnia di un ristretto numero di appassionati amici.
Tutto è già pronto. Camillo (a lui il merito ed il ringraziamento per la serata) fa’ gli onori di… enoteca; entra nello “scrigno” delle riserve (tante magnum di sauternes, champagne e supertuscans) e sbuca fuori un attimo dopo con tre bottiglie.
Tre bottiglie?! Ma non erano due? Giacomo mi aveva girato una mail con le schede tecniche del rosso Yacochuya 2000 e del bianco Torrontés 2007.
L’azienda è San Pedro de Yacochuya, a Salta, regione a nord dell’Argentina in prossimità del confine con Paraguay e Bolivia.
Camillo versa il Torrontés 2007 e mi porge il bicchiere. Lo porto al naso, subito un’intensa olfazione. Per un attimo credo si tratti di un gewurtztraminer tanto è avvolgente l’aromaticità… Comincio. E’ cristallino, ha un bel colore giallo paglierino con tenui riflessi dorati; è consistente, lacrime e archetti si alternano freneticamente. Naso intenso; la nota di frutta esotica tramineggiante lascia spazio ad un franco sentore erbaceo di salvia. Complesso olfattivo: fine. Faccio un piccolo sorso, lo ruoto in bocca. E’ secco e caldo, fresco e sapido. Le note fruttate ed erbacee scompaiono velocemente per fare spazio ad una sorprendente ed esuberante mineralità; tutto meno che morbido. Nell’insieme è un vino abbastanza equilibrato ma poco persistente. Meglio al naso che in bocca. Abbastanza armonico, di corpo e maturo; sicuramente eroico (la vendemmia è fatta tra le 4 e le 6.30 del mattino, non prima metà di marzo, a poco più di 2000 metri di altitudine).
Passiamo al Yacochuya 2004, cru aziendale. Camillo – amori argentini e alcune esperienze di vendemmia proprio lì a San Pedro de Yacochuya tra il 2000 ed il 2005 – si sofferma sulla bella etichetta a sfondo bianco con un cactus di colore verde sul lato sinistro. Peccato per la firma dell’enologo (il francese Michael Rolland) sul lato opposto dell’etichetta. Lo versa negli ampi calici. Come sempre, mi abbandono alla prima sensazione olfattiva. Intenso ed etereo. Limpido, per carità… ma di un impenetrabile rosso rubino; e molto consistente. Naso: altro che intenso! I profumi eterei iniziali di smalto vanno attenuandosi man mano che rigiro tra le mani il bicchere. Si materializzano altrettanto intensi profumi di prugna e frutta rossa matura. Lo ruoto ancora un po’ e sono rapito dai primi aromi del cioccolato, del pellame e del terriccio bagnato; il legno si sente (ah già, Michael Rolland…) ma è ben dosato. Fine, pungenza iniziale a parte. Sorseggio; lo mastico. E’ caldo, secco… Tannico, ma di un tannino vellutato, certo mascherato da una bella vena acida e da una robusta sapidità. Direi intenso ed abbastanza equilibrato. Abbastanza persistente e fine. Finale piacevole di prugna e cioccolato. Robusto; giovane ma nemmeno troppo, sicuramente pronto. Da bersi di qui a quattro anni al massimo.
Il sughero è di ottima qualità per entrambi i Yacochuya. Giacomo tiene per sé il 2001; a me rimane quello del 2004 non senza rammarico.
Teniamo in bicchiere ancora un po’ del Yacochuya 2004 e, nel frattempo, prendiamo l’altro bicchiere in cui Camillo – puntuale – ha già versato il Yacochuya 2001. Tutti ci aspettiamo ancora tante emozioni. Sempre subito al naso. Pungente. Molto pungente, troppo. Penso tra me: ‘Mah! Si aprirà…’ Butto l’occhio al banco e scorgo una giovane giapponese che ha appena acquistato un lambrusco di sorbara. Immagino di sorseggiarlo in abbinamento ad un tradizionale piatto di tortellini. Ritorno al mio vino: è limpido, un bel rosso rubino, ancor più impenetrabile. Naso sempre molto intenso. ‘Che strano! Ancora quella fastidiosa pungenza eterea…’ Poco altro: legno – soprattutto. Lo assaggio. Secco e molto caldo; sapido ma poco fresco. Tannico, immagino il colore della mia lingua dopo l’ultimo sorso. Finale robusto ma amarognolo, non così piacevole. Stento a credere che si tratti di un malbec argentino ma poi rifletto sulle parole di Camillo che ricorda il caldo particolarmente torrido del 2001. Robusto, maturo. Da bersi entro un anno. Ben altra cosa il fratellino minore!
Faccio sparire il sughero della bottiglia di Yacochuya 2004 prima che Giacomo ricordi di averlo lasciato a me. Ritorno a casa in fretta: ho già ricominciato a sognare.