Il caso ha voluto che un amico scovasse una svendita di vini in un piccolo market di provincia. Tutti bianchi con almeno 5/6 vendemmie sulle spalle, “vecchi” (secondo lo staff, nell’accezione più negativa del termine), da portare a casa per pochi, pochissimi euro. In pratica, l’occasione giusta per farsi una bevuta correndo qualche “rischio”, ché le belle sorprese, #iovelodico, sono sempre dietro l’angolo.
L’incognita era la conservazione. Cioè, si trattava, perlopiù, di bianchi rimasti sullo scaffale per non si sa quanto oppure stipati in un magazzino di cui non sapremo mai – per fortuna 😉 – tasso di umidità, incidenza delle escursioni termiche o temperature medie, e tutte quelle menate lì da sommeliè.
Detto che non necessariamente vino vecchio fa buon brodo, avremmo nel frattempo tirato il collo a qualche boccia e proverei a darvene conto su queste paginette, seguendo per comodità l’ordine della foto* (partendo da sinistra) e non quello di bevuta.
Greco di Tufo DOC “Loggia della Serra” 2002, Terredora
È stato il “fuori programma”: preso in cantina ta-ttà** e rinfrescato un po’ prima dell’apertura, questo cru di Montefusco ha fatto un figurone. L’irruenza e l’esuberanza giovanili -oserei dire- tipiche del greco sono un ricordo perché al naso di dodici anni dopo non fa difetto l’eleganza, anzi. Il corpo è solo più sottile di quanto uno si sarebbe aspettato ma il sorso è agile, ha sale, acidità e un gran bel finale.
Fiano di Avellino DOC “Pietracalda” 2000, Feudi di San Gregorio
La selezione con le migliori uve di Sorbo Serpico era la bottiglia che ero più curioso di assaggiare ma alla fine ha deluso. Bel naso, per carità: ricco, cremoso, anche complesso. Carnoso e molto caldo in bocca, ha forse una struttura troppo imponente. Assolutamente integro, eh. Probabilmente un vino di un altro tempo.
Falanghina Sannio DOC 2007 2005, Corte Normanna
Unico rappresentante del Sanno, direttamente from Guardia Sanframondi. Semplicemente un vino ossidato, con un impatto ancora più sofferto al naso che in bocca.
Fiano di Avellino DOCG 2007, Macchialupa
San Pietro Irpino è il paese di mio papà ma le uve che passano tra le mani di Angelo Valentino – non vorrei sbagliare – arrivano da qualche altra parte. Azzerderei da Lapio; e se non tutte, almeno una buona parte. Il vino è ricco, di buona struttura e decisamente elegante; d’altro lato, ha freschezza e mineralità a sufficienza per reggere l’urto. Il sorso non è proprio una lama, ma nel complesso è senz’altro appagante.
* thanks to Gianluca Lo Sapio.
** leggi “in quattro e quattrotto“. 😉