Quando penso a Fulvio Bressan, prima ancora che ai suoi vini, mi vengono irrimediabilmente in mente due cose.
Uno. Che il buon Alessandro Morichetti c’aveva preso: il Fulvione nazionale è una «controfigura mancata dell’A-Team». Un po’ Hannibal (per il sigaro) e un po’ P. E. Baracus (per la stazza), per dire. Guardate qui e ve ne convincerete anche voi. 😉
Due. Che tra le tante cose serie dette in questo video di Andrea Petrini, la frase «io non sono un abitante del Collio» mi fa ancora schiattare dal ridere. 🙂
Se poi penso ai vini – il verduzzo secco, lo schioppettino – comincia a salivarmi tutto…;) Poi, improvvisamente, il Pignol 1984. Nessuna etichetta (solo nome e annata scritte in bianco sul vetro) e la capsula di un giallino sbiadito con la scritta – così romantica – Bressan sig. Nereo (che poi è il papà di Fulvio).
La nota animale iniziale apre, ben presto, al sanguigno e al terroso, con i profumi di gelso nero e frutta rossa scura che testimoniano – come del resto il colore – un’inaspettata integrità; poi, cioccolato, caffé e un profumo di torrefazione. La freschezza a segnare una bevuta cangiante e di grande soddisfazione.
Non il vino della vita, ecco. Ma uno di quei vini che si fa presto a finire.
Oh, cambia il tempo del verbo! Bressan sig. Nereo E’ il papà di Fulvio…
Uuuhh. Faccio subito. 😉
…onestamente…scrivere “nota animale” dà adito a ben altre percezioni in un vino…