Eric Asimov è firma autorevole del New York Times, mica pizza e fichi (cit). Tra i 10 vini che ha suggerito per il thanksgiving day (o giorno del ringraziamento, se preferite) – 5 bianchi e 5 rossi – ci sono anche 2 vini italiani: un almeno per me insospettabile bianco piemontese (l’Arcese 2010 di Vittorio Bera e figli: uvaggio di cortese, arneis, vermentino e favorita) e un altrettanto “sconosciuto” rosso emiliano (il Lambrusco Salamino di Santa Croce 2010 di Vigneto Saetti).
L’articolo – che ho pazzamente provato a tradurre (nei limiti del mio inglese balbettante) e che potete leggere qui (in lingua originale) – dice anche molte cose che mi sento di condividere. Tipo la teoria del bianchista (quale fermamente sono) e del ‘sopra le righe‘, per dire… 🙂
Buona lettura. Qui l’articolo del Corriere.
Il panel per i vini del Thanksgiving, in cui il team di casa si riunisce per una piccola festicciola del giorno prima, è una delle nostre tradizioni qui alla sezione “Dining&Wine”. Proviamo bottiglie specifiche con piatti tipici e – cosa ancora più importante – riesaminiamo la coerenza delle nostre teorie su quali vini servire con il tacchino.
La coerenza potrebbe essere un problema quest’anno, perché ciò che i miei colleghi hanno detto ha smentito le raccomandazioni di senso comune divenute lampanti, almeno secondo me. Francamente, potrei continuare a non badare a quello che hanno detto. Ma questo non significa che voi non dovresti ascoltarli.
Per la discussione pre-Ringraziamento, Florence Fabricant ed io siamo stati raggiunti da Julia Moskin (un altro reporter), Pete Wells (editore) e Bernie Kirsch (l’organizzatore delle nostre degustazioni). Ognuno di noi era stato incaricato di portare due vini, un bianco e un rosso, che non costassero più di 25 dollari ognuno.
Quindi, qual è stato l’argomento di disaccordo? Per prima cosa, lasciatemi spiegare il mio semplicissimo metodo per la scelta dei vini per il Ringraziamento.
Consegnare al rissoso gruppetto l’idea che questa festa richiede un’esatta alchimia di abbinamento cibo-vino. No, il pasto è troppo caleidoscopico, con troppi colori mutevoli, consistenze, pesi e aromi, per scervellarsi alla ricerca dell’abbinamento perfetto.
In tutta sincerità, la precisione potrebbe essere il nemico numero uno del divertimento se il vostro raduno è più o meno come il mio, uno di quelli dove partecipano molte persone in informale esuberanza. Niente di decoroso qui, la gente vuole il vino e in abbondanza. Porto un rosso e un bianco, apro un sacco di bottiglie e lascio che la gente riversi le proprie emozioni.
Allora, due vini. Ma quali dovrebbero essere? In primo luogo, devono rinfrescare e soddisfare per tutta la durata di un pasto lungo e faticoso. Ciò significa che hanno bisogno di essere leggeri e non pesanti, agili più che potenti, con moderato alcol e abbastanza versatili da completare il miscuglio di piatti sul tavolo. Nel linguaggio del vino, la parola chiave è la vivace acidità, caratteristica che dà energia al vino.
I vini che hanno funzionato negli anni passati includono tutti i tipi di bianchi della regione Mâconnais della Francia, gli Chablis, i croccanti bianchi italiani come il Soave o i fiano dalla Campania, i vini rossi e bianchi secchi della Valle della Loira, buoni Beaujolais, zinfandel più leggeri di corpo e sauvignon blanc. Quasi tutti i vini che rispettano queste linee guida funzionano abbastanza bene.
Questo credo io. Eppure Pete e Julia non ne volevano sapere. «Il Ringraziamento è un pasto dove il cibo vuole quasi essere sovrastato dal vino», ha detto Pete. «Questo sembra essere il tema della cena: ‘sopra le righe’».
Ho dovuto dissentire. ‘Sopra le righe‘ in termini di quantità, sì. Ma in termini di carattere del cibo e del vino? No. Il vino deve aprire la strada al consumo eccessivo, non martellandovi con la forza ma seducendovi con grazia e ristoro.
Julia ha obiettato: «vogliono avere le loro teste spiaccicate contro il muro!», ha esclamato. «Vogliono l’esperienza del grande vino rosso».
Qui, una significativa divisione andava definendosi. Julia, in particolare, insisteva sul primato del vino rosso. «Stare seduti a mangiare il pasto è solo una piccola parte del ‘processo’, per non dire del calvario», ha detto. Lei ama servire un bianco di facile approccio per l’aperitivo, lasciando il rosso per il pasto vero e proprio.
Beh, accidenti, sono parole pesanti! Non è che io amo i bianchi più dei rossi, ma credo fermamente che possano essere altrettanto interessanti e non dovrebbero mai essere considerati “di serie B”.
Il caso in questione: il mio bianco era un 2009 Ravines Dry Riesling della Finger Lakes, un vino deliziosamente rinfrescante, complesso e soddisfacente. Eppure Florence, descrivendo il suo colore chiaro, lo riconduceva alla limonata e Julia lo riteneva “da femminucce”. Forse, ma tra alcuni eccellenti bianchi è stato il vino che abbiamo preferito con il cibo.
Il vino di Julia, un 2010 St.-Véran di Michel Cheveau, era certamente più di un vino di facile approccio con la sua frizzantezza, i suoi aromi minerali; mentre il bianco di Bernie, un 2008 Lirac del Domaine Maby, mi ricordava un greco Assyrtiko che – ad ogni modo – sarebbe stata un’altra bella scelta.
La scelta di Pete, un Arcese 2010 di Vittorio Bera (dal Piemonte), è stato sicuramente il bianco più originale. Era quasi d’oro, con un tocco di effervescenza, un frutto luminoso e una leggera tannicità. Eccellente, ma richiede un pubblico ricettivo nei confronti dei vini insoliti. Il Logan Chardonnay 2009 di Talbott (dalla regione di Santa Lucia in Califonia) portato da Florence offriva un test per la teoria del sopra le righe. Ooops. Con i suoi stravaganti aromi e calore LO CHARDONNAY DI FLORENirenze nel 2009 Logan chardonnay daTalbott in Santa Lucia Highlands in California, è stato un banco di prova per la teoria del sopra le righe. Oops. Con i suoi aromi stravaganti e il suo calore, è stato il bianco che è piaciuto di meno.
Il rosso di Florence, un Zinfandel 2008 californiano di Joel Gott, allo stesso modo ha rimarcato la linea di confine. Non era alcolico, ma era dolce e con poca acidità e poca struttura, e sembrava sopraffare il cibo, non in senso buono. È stato un anno sfortunato per Florence, che dovrà riposare sugli allori del passato.
Il vino di Bernie, un malbec 2009 di Familia Mayol dalla regione di Mendoza, era più contenuto ma un attimino troppo caldo con i suoi 15 gradi alcolici. Per tutti il suo discorso, Julia ha evitato sbattimenti di testa e ha scelto in base al costo. Il suo intrigante Zweigelt 2005 dell’Ungheria, una bottiglia da 9 dollari, era secco, con un lieve aroma di pelle e di tabacco.
Pete, attaccando con il suo argomento effervescente, ha scelto un Lambrusco secco 2010 di Vigneto Saetti, una scelta geniale, a mio parere, perché i buoni Lambruschi sono versatili, deliziosi ed energici. La nostra unica riserva era la carbonatazione potente, che potrebbe essere un problema nel tempo. Vorrei cercare un Lambrusco frizzante o lievemente mosso.
Nonostante le loro inclinazioni “sopra le righe”, Pete e Julia hanno entrambi offerto vini più delicati, che ci piacevano. Io, invece, ho preso esattamente il tipo di colore rosso vivace che mi piace di raccomandare, un Chinon 2010 di Bernard Baudry. Questo complesso, fresco vino rosso è stato il nostro rosso preferito.
Ora, non sto dicendo “te l’avevo detto”. Sto solo dicendo.
[foto tratta dal New York Times]
Ciao Alessandro, il Vigneto Saetti è affatto male. Rifermentato in bottiglia, da agricoltura attenta. E costa poco, aggiungo.
Non lo conosco.
Alla prima occasione, chiaro, lo proverò anch’io! 😉
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