Avete mai assaggiato il Fiano di Avellino Cuvée Enrico? Ecco il “Jura dell’Irpinia”.
Ripensandoci, dopo Degustazioni dal Basso (ovvero #ddb) a Terroir Vino non ho più avuto modo, né tempo, di tornare a parlare di Fiano di Avellino. Non che ce ne fosse granché bisogno, ché negli ultimi mesi non sono certo mancati contributi di spessore: su tutti, questo interessante approfondimento sul Fiano di Avellino scritto da Mauro Erro.
Lo faccio adesso, a distanza di un po’ di tempo, avendo girato alcuni video durante le mie puntatine in terra irpina. Grazie a sta’ cosa di #ddbfiano, ho fatto un po’ di giri in vigna, assaggiato tanti vini, ascoltato tante storie e – soprattutto – incontrato tante persone. Tra queste, Antoine Gaita, irpino emigrato in Belgio e poi tornato a Montefredane insieme alla moglie Diamante. Un gran personaggio: uomo di carisma e dotato della non comune capacità di non prendersi mai troppo sul serio (basta rivedere la clip di presentazione alle #ddb che lo vede protagonista).
Dici Villa Diamante e pensi immediatamente a quel piccolo appezzamento di 6 mila metri in fitto dal Comune – la Vigna della Congregazione – e al Fiano di Avellino che vi si produce. Volendo provare a tratteggiare le differenze tra le varie zone della denominazione e a dare conto delle diverse concezioni del lavoro di vigna e di cantina, per #ddbfiano a Genova scelsi il millesimo Fiano di Avellino 2005.
La Cuvée Enrico 2000, un “altro” Fiano di Avellino
Quella del Fiano di Avellino Cuvée Enrico, invece, fu quasi una provocazione. A parlarci di questo particolarissimo Fiano è lo stesso Antoine Gaita in questo breve video, in cui ripercorre gli anni dei primi esperimenti di vinificazione in legno (poi abbandonati) e del coraggio di tentare una strada nuova, mai percorsa prima. Cosa che, al di là di tutti i discorsi sull’opportunità o meno dell’uso dei legni (in pochi, oggi, ritengono valga la pena studiare questa possibilità), rende bene l’idea di un uomo e di un vigneron disposto a mettersi in gioco e a sperimentare. Anche sbagliando.
Il Fiano in ossidazione di Gaita è stato il vino che più mi ha colpito alla #ddb di Genova.
Non sarà territoriale o tradizionale però il fiano si adatta benissimo per caratterisitiche organolettiche alle mutazioni derivanti dalla scolmatura.
L’acidità vivida e l’estratto mantegono verticale e succoso il vino.
Preparate del Comtè d’etè e bonne degustation.
Felice ti sia piaciuto!
E grazie del suggerimento per l’abbinamento! 😉