2Vite, prima ancora che il nome del vino di Vincenzo Mercurio e Giancarlo Moschetti, è il risultato di un’interessante contaminazione di vite umane e viti (nel senso di uve).
Contaminazione, in effetti, è il concetto che meglio spiega un duetto di vitigni – aglianico e piedirosso – tutt’altro che inesplorato in Campania, ma piuttosto improbabile sulla rotta Taurasi-Lettere; e pure di uomini, che hanno trovato convergenze su un certo modo di intendere la viticoltura e la vinificazione, finanche mettendo a punto un personalissimo “protocollo” (Me.Mo., ci ritorno poi).
L’altro punto cardine è il coraggio di fare certe scelte: il vino esce come vino da tavola e non ci sono certificazioni, ma quando mi ha accolto in vigna il prof. Giancarlo Moschetti mi ha subito consegnato un foglio con tutto quel che c’è da sapere sul lavoro di vigna e di cantina.
Il vigneto, innanzitutto. Quello di Taurasi, che ho visitato nello scorso mese di marzo, è stato reimpiantato da Pietro, il papà di Giancarlo, con le vecchie marze di una “starseta”: poco più di 8000 metri in contrada Coste (Montemiletto è di fronte), su suolo argilloso-calcareo, con una pendenza importante e uno strappo ancor più deciso avvicinandosi a valle. Mi ha molto colpito l’eloquente benessere delle piante: è bastato volgere lo sguardo più in là per notare un contesto decisamente meno sano, rigoglioso, biodiverso. Le scelte vanno tutte in una certa direzione: inerbimento permanente (onde evitare slavamento ed erosione), sfalcio, elicitori naturali, concimazioni con stallatico.
2Vite, il vino
C’è da dire intanto che non vengono inoculati lieviti e che la fermentazione avviene spontaneamente in tini di legno troncoconici, con pied de cuve “fortificato” (viene aggiunto vino di riserva), senza controllo della temperatura e con follature “corporali”. All’affinamento di 14 mesi in tonneau, segue un anno di affinamento in bottiglia. Il 30% è piedirosso (da una vigna di circa un ettaro e mezzo in Lettere, nella penisola Sorrentina, su terreno ceneritico-sabbioso): l’idea, però, è di fare un secondo vino con una maggiore percentuale di quest’uva, vedremo.
Il millesimo d’esordio, il 2018, è decisamente più cupo e introverso della seconda annata licenziata, la 2019, in cui sembrano invece potersi rinvenire maggiori dettaglio del timbro floreale e finezza, con un sorso ugualmente strutturato, ma meglio rifinito nella parte tannica e più scorrevole per dinamica gustativa. Insomma, c’è da attendere impazienti le prossime uscite!