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Come innamorarsi di un vino senza aver visto mai il film: la Malvasia di Bosa 2006 di Columbu

Sono fondamentalmente un passionale e un istintivo. Lo ero anche con le donne, soprattutto nel periodo adolescenziale; o -almeno- così dicevano i miei amici: «il Marra (cioè il sottoscritto) si innamora difficilmente». Non passava giorno senza che io potessi parlare agli altri della mia ultima, nuova fiamma (un latin lover, penserete… Macché!). 🙂

Poco convescional, pure. Non ho mai amato fare cose per il semplice motivo che le facevano gli altri, eppure ho cominciato a fumare, salvo poi provare a smettere (non fumo da un mese e mezzo, daje!). Generalmente, ecco, facevo volentieri l’esatto contrario della massa, talvolta -più stupidamente- a prescindere; non sono nemmeno mai stato un convinto sostenitore del la-braciola-la-domenica-non-si-tocca. Non ho mai visto Titanic, per dire, e non me ne vergogno: mi ero ripromesso di farlo non appena avessero smesso tutti gli altri, anche se poi l’occasione non c’è più stata e credo solo di averne assaporato uno spezzone.

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Non ho mai visto Mondovino, ovvero il film-documentario di Jonathan Nossiter; e in questo ho peccato enormemente, mi dicono. Ciò nonostante, ho scoperto (sia chiaro, non nel senso che l’ho scoperta io per primo) la Malvasia di Bosa: malvasia sarda in purezza, ché di quello -a quanto pare- dobbiamo parlare, vitigno ben radicato nella Planargia, baricentro ideale di una Sardegna segreta e a me del tutto sconosciuta. 

La malvasia di Giovanni Battista Columbu, di cui appunto si parla nel film presentato al 57° Festival di Cannes, me la sono ritrovata nel calice senza nemmeno sapere cosa fosse. Alcuni minuti dopo quell’assaggio, per la cronaca, mi infilai in auto con la mia bella bottiglia da stipare in cantina 😉

Il millesimo 2006 ha il colore lucente dell’oro, incupito dai due anni trascorsi nelle botti di castagno. Profumi solo inizialmente criptici che si puliscono man mano che li accarezza l’aria tutt’intorno, fino a tratteggiare un chiaroscuro di freddure e di calure, con l’ossidazione che snoda e riannoda i fili di una trama olfattiva che è -in una parola- avvolgente. Sorso intenso e profondo, teso e palpitante, scorbutico e rassicurante. Movioleggiante. Ad un tempo invito al nuovo sorso e al silenzioso meditare.

Mondovino? Va bene, lo guarderò.

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